Yara. Il true crime: l’abisso mediatico raccontato da Giuseppe Genna

È una sera fredda e scura, quella in cui la giovanissima Yara Gambirasio scompare. Dalle 18.40 circa del 26 novembre 2010 non si hanno più sue notizie. Fino al tragico epilogo, quando il 26 febbraio 2011 – esattamente tre mesi dopo – il corpo della ragazzina di Brembate di Sopra viene ritrovato senza vita. Yara Gambirasio è stata uccisa e il suo caso diventa uno dei casi mediatici più famosi della storia italiana.

A distanza di più di dieci anni da uno dei casi di cronaca nera che più hanno segnato l’immaginario pubblico idel Belpaese, lo scrittore milanese Giuseppe Genna torna in libreria con Yara. Il true crime, edito Bompiani, e cerca di fare chiarezza su una vicenda fatta di tanti punti oscuri, incertezze e false piste restituendo umanità ad una ragazza il cui nome è stato troppo tempo sulla bocca di tutti.

La cronaca, in sintesi

Yara Gambirasio scompare nel nulla la sera del 26 novembre 2010. Le telecamere di sorveglianza del centro sportivo, ultimo luogo in cui la ragazzina di Mapello è stata vista, sono fuori uso. Il 5 dicembre 2010 viene fermato il 22enne marocchino Mohammed Fikri – in viaggio su una nave verso Tangeri – sospettato erroneamente di essere il colpevole. Il giovane era un operaio di un cantiere a Mapello, luogo in cui i cani molecolari impegnati nelle indagini sembrano aver trovato l’ultima traccia di Yara. Il fraintendimento nasce però da uno sbaglio di traduzione nel corso di un’intercettazione. La sua posizione viene ben presto archiviata ma la sua fedina mediatica resta sporca per sempre.

Mentre le indagini sembrano girare a vuoto, il corpo di Yara viene ritrovato casualmente tre mesi esatti dopo la sua scomparsa da un aeromodellista in un campo aperto a Chignolo d’Isola, distante solo 10 chilometri da Brembate di Sopra.

Qui bisogna poi fare un balzo avanti nel tempo, al 16 giugno 2014, quando viene arrestato Massimo Bossetti, muratore 44enne di Mapello incensurato il cui dna nucleare risulta sovrapponibile con quello di “Ignoto 1“, l’uomo le cui tracce sono state ritrovate sugli indumenti intimi di Yara. Il percorso che porta al riconoscimento di Bossetti è lungo e complesso, il risultato di un’attività di screening a lungo criticato dalla difesa dell’operaio. Il 12 ottobre 2018 dopo tre anni di processo Massimo Bosetti viene condannato definitivamente all’ergastolo. Ma la storia non finisce qui: la difesa dell’imputato presenta ricorso che viene accolto il 19 maggio di quest’anno dalla prima Sezione della Cassazione, in vista di un’eventuale revisione del processo.

Un romanzo documentario

Yara. Il true crime, come dichiara lo stesso autore nella premessa, è un “romanzo documentario”. Perché questo è anche un romanzo, non solo una ricostruzione attenta e fedele ai fatti. Lo scrittore protagonista immagina di essere a Brembate la sera della sparizione e di mescolarsi con i giornalisti, i cronisti ma anche i semplici curiosi che percorrono incessantemente le vie, le ipotesi, le supposizioni di un caso di cronaca nera da dare in pasto al pubblico italiano.

Si tratta di una bulimia mediatica quella che caratterizza la storia di Yara: un’incessante produzione di materiale, spesso morboso, per nutrire una platea sempre più affamata. Sembra una crudele coincidenza che la scomparsa e l’uccisione di Yara avvengano a pochissima distanza dall’altro caso di cronaca nera che ha visto protagonista un’altra ragazzina, Sarah Scazzi, ritrovata senza vita ad Avetrana. Sono gli anni in cui i fatti di cronaca nera escono dagli spazi delle indagini e trovano dimora non solo nei giornali ma anche nei programmi televisivi, nei talk show e pian piano sui social network. E così il caso di Yara diventa un caso nazionale dove ogni elemento della sua giovane vita viene dissezionato. Lo stesso vale per tutti i protagonisti e le comparse della tragica vicenda.

L’impronta di Genna si sente in modo potente nel libro: non falsa la narrazione, ma con il suo stile visionario dona pathos alle pagine. Tuttavia in alcuni passaggi il linguaggio sembra prendere il sopravvento trasformando un evento già di per sé particolarmente tragico persino in più drammatico rendendo il libro più romanzo e meno documentario. Ma forse è l’unico difetto di questo testo che per il resto ricostruisce in maniera fedele una storia di cui si è detto tanto e pure troppo.

Un tentativo riuscito di ridare umanità a Yara, il cui nome in qualche modo è stato profanato in anni di accanimenti mediatici. Perché Yara era solo una ragazzina, con una vita normale e abitudinaria e tanti sogni nel cassetto. Sogni che purtroppo sono rimasti lì dentro, chiusi da una chiave che è stata buttata via da chi le ha fatto del male.

Un true crime con riserva…

Il libro di Giuseppe Genna si inserisce in uno dei filoni narrativi più popolari del momento, quello del true crime. Ma lo fa con una certa riserva. L’autore milanese infatti non si limita a ricostruisce in maniera certosina i fatti di cronaca ma li arricchisce con il suo stile metaforico e a tratti onirico, dando alla narrazione un aspetto più romanzesco senza tuttavia mai scadere nella finzione.

Yara. Il true crime diventa così un libro incapace di incontrare i gusti di più lettori, da quelli appassionati ai fatti di cronaca reale a quelli che preferiscono una narrazione più fluida e meno da cronaca giornalistica. A patto di tollerare un tono stilistico tutt’altro che asettico.

Sull’autore


Scrittore e autore, Giuseppe Genna è nato a Milano il 12 dicembre 1969. Ha lavorato in televisione, per la rivista mensile Poesia, come attaché alla Presidenza della Camera, per Mondadori nei settori New Media e Libri e per RCS Libri. Dal 2011 al 2017 è stato consulente editoriale per il Saggiatore. Oggi è anche policy advisor riguardo strategie e drive nell’ambito della transizione sociale ed ecologica.

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