Riot di Edith Joyce: crescere in una terra senza pace

Dopo l’esordio avvenuto nel 2022 con Il nostro giorno verrà, Edith Joyce torna in libreria pubblicando Riot per Magazzini Salani. Entrambi i titoli sono accomunati dalle ambientazioni irlandesi del Novecento e dal sogno rivoluzionario di vedere l’Irlanda del Nord libera dall’occupazione inglese. Se nel primo libro veniva raccontata la furia delle rivolte di Pasqua del 1916, in Riot troviamo le rivolte civili (Troubles) degli anni ’60-’70

Edith Joyce è una giovane psicologa e dottoranda che negli ultimi anni si è fatta conoscere tramite il suo profilo Instagram, parlando dei libri che legge e della sua immensa passione per la scrittura. Non ci è dato sapere quale sia il suo vero nome perché l’autrice ha preferito firmare i suoi libri con un nome d’arte dal profondo significato personale.

La storia

Riot ci racconta la storia di quattro amici cresciuti nel Bogside, a Derry, durante gli anni di guerra più duri dell’Irlanda del Nord. I quartieri sono popolati dalle barricate, dai soldati inglesi violenti e dai soldati dell’Esercito Repubblicano Irlandese (IRA), cioè la Resistenza.

Per strada risulta comune trovare miseria, spacciatori, tossicodipendenti, gente armata e camionette d’assalto. L’Irlanda, in questo contesto, risulta una terra divisa a metà. Una terra senza pace.

Derry è un memoriale a cielo aperto sotto un manto di nuvole grigie. Ogni muro racconta una storia di morte. Dietro ogni angolo c’è una statua commemorativa, una targa o solo un mazzo di fiori lasciato legato a un lampione per chi ancora non vuole lasciare andare i ricordi.

Non è difficile immaginare la vita di quattro ragazzini cresciuti in questo ambiente. Se all’età di cinque anni si assiste per la prima volta ad una rivolta in cui si lanciano molotov, all’uccisione immotivata di un proprio amico o ai soldati che sparano a bruciapelo sulla folla, vien da sé che tutto questo diventa una normale circostanza a cui adattarsi.

Ed è proprio così che crescono Saoirse, Orla, Cillian e Aiden. Quattro amici dalle personalità ben distinte ma uniti dal grigiore di un paese in guerra. Dove si impara in fretta ad abbassare lo sguardo e allontanarsi il prima possibile dai soldati, ma si impara anche ad aiutare i vicini e supportare la comunità.

Bisognava stare alla larga dagli inglesi a prescindere, buoni, belli, cattivi, brutti, alti, gentili o meno che fossero. Quindi, quando capitava che un soldato si avvicinava per fare due chiacchiere, gonfiarti un palloncino o per metterti qualche penny in tasca, ci avevano insegnato a rispondere ‘grazie, ma non posso accettare’ e a tirare dritto. C’era anche chi ai soldati rispondeva direttamente che era ora che se ne tornassero a casa loro, dall’altra parte del mare, ma quelli erano i figli della gente che stava nell’IRA.

Conosciamo Saoirse, la narratrice della storia, che vive da sola con sua madre e ama perdutamente i suoi amici e l’aria aperta irlandese. Lei odia la guerra e sogna solo una vita normale in cui non si deve avere paura di giocare per strada e in cui non si teme di morire solo perché si gioca a nascondino o ci affaccia al balcone.

Poi c’è Orla, la più dolce (ma competitiva) dei quattro, che ha un bellissimo rapporto con la sua famiglia e detesta qualsiasi forma di aggressione o violenza. Orla è empatica e comunicatrice, di natura la paciera del gruppo. Lei e Saoirse sono migliore amiche, condividono tutto e nonostante le discussioni tornano sempre l’una dall’altra come fossero sorelle.

Cillian è l’amico più fragile, quello con una storia familiare disastrosa composta da un padre alcolizzato e violento, una madre che abusa di farmaci e una sorella più piccola da proteggere. Dei quattro è quello che, senza supporto familiare, gestisce peggio l’ambiente che lo circonda. Infatti, una perdita violenta e improvvisa avvenuta in tenera età cambierà completamente le sorti della sua vita.

Infine conosciamo Aiden, il più grande fra loro e quello con le idee più chiare. Aiden odia gli inglesi e, come suo fratello, sogna di riprendersi il suo paese scatenando rivolte sempre più violente. Lui è il riottoso, quello con il pugno più facile e che non ha paura di disobbedire. Il tipico adolescente che maschera le sue emozioni con le maniere forti e facendo il gradasso. Ma nell’arco della storia Aiden saprà sorprenderci aprendo il suo cuore e lasciando intravedere la sua spiccata sensibilità.

I protagonisti di questa storia, però, sono anche dei ragazzi in piena adolescenza che affrontano i normali dilemmi dovuti all’età: l’insicurezza verso il proprio corpo, l’importanza del legame familiare, l’indecisione per le scelte future, i primi amori e gli errori causati dalla fragilità. C’è chi fa i conti con i propri sensi di colpa; chi non riesce più a sopportare di vivere in un posto in cui ci si sente prigionieri; chi deve scegliere se reagire o lasciarsi sopraffare dal dolore; E c’è anche chi deve trovare il coraggio per decidere da che parte stare.

La debolezza era una cosa che mi potevo permettere davanti a poche persone.

In conclusione…

Riot è capace di trasportarti in Irlanda e farti vivere tutti i disordini civili causati dall’occupazione inglese. Per 314 pagine ti fa montare dentro tutta la rabbia e l’ingiustizia di Derry facendoti calare a pieno nel luogo, grazie alle precise descrizioni di odori, colori e suoni.

Non è facile crescere nel Bogside degli anni ’60. Sicuramente non è semplice rimanere integri e illesi.
Edith Joyce ci narra di quattro amici, uniti dall’amore per il proprio paese e per la loro unione, e ci mostra cosa significa lottare per i propri sogni e cercare di combattere una guerra fuori, ma anche dentro di sé.

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