Dietro le quinte: i libri (anche) in radio secondo Giulia @thedevilreadseverything

Speaker radiofonica, lettrice onnivora, ma anche content creator. Per la rubrica Dietro le quinte abbiamo avuto il piacere di intervistare una delle voci più interessanti e creative del bookstagram, Giulia, in arte @thedevilreadseverything.

Innanzitutto, presentati! E toglici una curiosità, da dove nasce il tuo nick @thedevilreadseverything?

Sono una persona molto indecisa su questioni pratiche come la scelta dei nomi, quindi quando stavo lavorando all’apertura della pagina mi ci sono incagliata per un po’ di tempo. Alla fine ho giocato con il titolo di un film iconico, “Il diavolo veste Prada”, e l’ho rielaborato in “Il diavolo legge di tutto”, stando anche a indicare la natura “diabolica” della letteratura, che spesso ci porta in luoghi del pensiero scomodi, che richiedono riflessione, che aprono gli occhi sulle infinite sfumature di senso del mondo. Mi piaceva che evidenziasse anche la varietà, perché leggo più o meno di tutto, o almeno di tanto. Ho tradotto il nickname in inglese perché, quando sei alle prime armi nella gestione di un profilo social semi-professionale, la prima cosa che fai, a livello organizzativo, è googlare “consigli per ottimizzare un account”, e tra i vari si diceva di preferire un nickname inglese. Ultimamente sto pensando molto alla possibilità di cambiarlo, perché è molto lungo e ho paura sia uno svantaggio, ma è anche molto identificativo, quindi non so se lo farò mai davvero.

Com’è nata la tua passione per la lettura?

Ho tanti libri attorno sin da quando sono piccola. I miei sono sempre stati lettori, soprattutto mio padre. Mi leggeva sempre storie prima di andare a dormire o durante la cena, e sono cresciuta toccando i libri nella grande libreria che ancora abbiamo a casa, e che ora ospita la mia personale biblioteca. Mia mamma, ogni volta che andava da qualche parte per lavoro, mi portava dei libri, che leggevo prima della trasferta successiva. È stato molto naturale, per me, essere incuriosita da questi oggetti. Toccavo e scarabocchiavo i libri, e mio padre mi diceva di non farlo, perché un giorno sarebbero stati miei. Così e stato, ho ancora una copia del Dedalus di Joyce il cui frontespizio avevo imbrattato a penna. I miei studi, poi, hanno riconfermato l’andazzo: liceo classico, triennale in Filosofia e magistrale in Editoria e scrittura.

Parli attivamente sui social di libri. Quali sono secondo te i pregi e i difetti di questo tipo di comunicazione?

Da fruitrice, il pregio gigantesco è che ci si lascia incuriosire da libri attraverso opinioni e riflessioni, il più delle volte, disinteressate. Il difetto è che spesso si rischia di ricevere pareri troppo di pancia. Da creator, chiaramente, crearsi uno spazio personale significa avere completa autogestione, e quindi libertà di essere creativi e il più possibile trasparenti nel diffondere quella che, innanzitutto, è una passione, e dunque nasce come sentimento puro. Per me, parlare di libri sui social significa dire la mia e imparare a mia volta a “leggere sempre meglio”, perché se so di dover creare un contenuto su qualcosa automaticamente sarà più analitica. Fare tutto questo è anche prendersi la responsabilità di non essere semplicemente vetrina (ce ne sono tante, non ci sarebbe un valore aggiunto), ma offrire spunti utili a chi cerca consiglio, e cerca una guida. Un libro mi è piaciuto? Analizzo ed evidenzio ciò che mi ha fatto dare questo giudizio. Non mi è piaciuto? Idem. Anche da un giudizio negativo si può trarre qualcosa di utile, e calibrare i toni è fondamentale in questo. Diffido molto di chi si limita a dire “questo libro è bellissimo, fa piangere, leggetelo” o al contrario “mi ha annoiato, non fatelo”. Perché commuove? Come risulta lo stile alla lettura? Che temi affronta e quali pensieri ha suscitato in te? Quel ritmo che per qualcuno è noioso può essere invece espressione di una profondità che, per un altro, è un pregio enorme. Bisogna stare attenti a non far perdere complessità all’opinione, e questo, purtroppo, è un grande rischio in una dimensione digitale che punta spesso sul sensazionalismo e sul clickbait. Il mio obiettivo, in questo senso, è essere una guida amichevole in una libreria virtuale, dare gli strumenti per capire, in un senso o nell’altro, se un libro può fare al caso tuo.

Nel weekend lavori come speaker radiofonica per RTL 102.5 News dove hai uno spazio, Digital Press, dove racconti di libri. Ci racconti un po’ l’esperienza? Com’è parlare di libri in radio?

Abbastanza diverso, anche perché lì dipendi sempre da chi divide con te il microfono, e non è detto che si sia sullo stesso piano o abbia lo stesso interesse. Intervistare autori e autrici, persone legate a questo mondo, però, è sempre arricchente ed entusiasmante. Si tratta di entrare in contatto con personalità estremamente diverse e investigare il loro modo di rapportarsi all’arte e alla creazione, e da questo c’è sempre da imparare. I tempi radiofonici poi mi sono stati davvero d’aiuto anche nel prendere familiarità con lo schermo del telefono e abituarmi a esserci sui social, e viceversa sciogliermi in questo mi ha dato sicurezza in radio. Sono due esperienze che si completano, e che spero di riuscire a fondere ancora meglio, continuando a imparare da entrambe. La radio ti insegna a riempire uno spazio di tempo, breve o lungo che sia, con un contenuto che conti qualcosa, ti insegna a essere concisa, tagliente, accattivante e informativa e creativa al tempo stesso.

Hai anche un gruppo di lettura chiamato i #diavolettigdl. Che libri leggete? Come scegli i libri da proporre?

È un progetto nato ex abrupto a inizio 2023. Stavo pensando a come coinvolgere ancora di più chi mi segue e come stilare una sorta di TBR non troppo opprimente, dato che soffro le imposizioni ma allo stesso tempo sono affascinata dall’ordine. Ho deciso così di stilare una lista di titoli che ho a casa o che desidero leggere da molto tempo, li ho raggruppati secondo criteri vari e ho pensato di calcolare dei tempi molto umani per la gestione della lettura (libri brevi 1 mese, libri lunghi 2 mesi), così da permettere a tutti i partecipanti di gestire le proprie letture senza dover rinunciare a qualcosa. Come scelta di titoli, si spazia dai classici alla narrativa contemporanea, tra novità e catalogo, titoli “canonici” e scritti minori di autori noti. C’è tanta letteratura americana, perché la amo moltissimo. Cerco e cercherò di proporre anche generi di nicchia come la fantascienza, il fantasy, la non-fiction o il memoir, e chissà che non subentri anche la saggistica. Il bacino di opzioni è selezionato da me perché, se non fossero tutti titoli che so di voler leggere, avrei io stessa difficoltà nell’essere costante. In questo senso, la varietà è a immagine e somiglianza dei miei gusti. Quest’anno abbiamo letto davvero bei libri, tranne un paio che non hanno convinto troppo, ma dai quali sono venute comunque fuori riflessioni interessanti.

Soprattutto per i libri lunghi, ho indicato delle tappe intermedie che si possono seguire, così da organizzare la lettura e il commento. Ognuno può condividere sui social ciò che vuole sulle letture, ovviamente, anche per diffondere l’iniziativa. Sulla discussione, è tutto molto libero: abbiamo un gruppo Telegram dove commentiamo tappa per tappa o alla fine, e poi faccio una live a fine lettura dove vado un po’ più a fondo nell’analisi del libro e nel commento.

Passiamo ora alle domande scomode. Quali sono i tuoi tre libri preferiti? Siamo consapevoli che per un amante della lettura è infatti difficile individuarne solo uno…

Chiedo scusa in anticipo se sforerò: Il castello di Franz Kafka, letto e studiato per la tesi triennale e che mi ha fatto innamorare di questo autore; L’arte della gioia di Goliarda Sapienza, letto l’anno della maturità, e La macchia umana di Philip Roth, lettura recentissima fatta con il gruppo di lettura, che mi ha fulminata. Ma dovrei anche dire che nel mio DNA sono impressi quei libri che mi hanno formata nel periodo adolescenziale, e mi hanno aperto gli occhi sulla sfida che è la letteratura: non posso non citare Tropico del cancro di Henry Miller, Grandi speranze di Charles Dickens e Il signore degli Anelli di Tolkien, unico libro che mi abbia mai fatto versare una lacrima.

E invece quali sono tre libri che proprio non hai sopportato.

Qua è più facile: L’eleganza del riccio di Muriel Barbery, L’eclisse di Laken Cottle di Tiffany McDaniel e Teoria e pratica di ogni cosa di Marisha Pessl.

Qual è il progetto letterario di cui vai più fiera?

Di quelli ancora in cantiere! A parte gli scherzi, credo di aver fatto ancora poco rispetto a ciò che vorrei fare, e il perfezionismo e la paura di non riuscire a creare qualcosa di valido mi bloccano moltissimo. La forza di credere in ciò che so fare, però, me la danno i messaggi che ricevo da persone che hanno letto qualcosa che ho consigliato, e dalle realtà editoriali che scelgono di collaborare con me.

Il tuo più grande sogno nel cassetto (se si può sapere 😊 )

Mi piacerebbe lavorare con la narrativa straniera, che è il mio campo d’interesse primario. Ho sempre pensato che sarebbe stato bello fare l’editor, chissà. Mi piacerebbe, in generale, lavorare con i libri in maniera sistematica e soddisfacente al 100%. Sto ancora cercando di capire cosa posso e voglio diventare a tutti gli effetti. Intanto, sogni ai quali sto lavorando riguardano i social: vorrei aprire un canale YouTube e creare un mio podcast. Work in progress.

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